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Trova il Paradosso e datti la spinta

  • Immagine del redattore: Noah Mana Tapu
    Noah Mana Tapu
  • 6 giu 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 9 nov 2024

Quante volte ogni giorno incontri un paradosso?


Dal latino paradoxum, dal greco parádoxon, composto di para- nel senso di contrapposizione e dóxa 'opinione'. “Contrario all'opinione comune”


Solo che a 'sto giro l"opinione comune" è la tua.


Magari hai già trascorso mesi tra le fila dei "complottisti" accedendo a informazioni che nemmeno immaginavi e hai sentito di aver individuato chi sono i "cattivi", quelli da combattere, quelli che hanno la responsabilità di aver condizionato il modo in cui hai trascorso la tua vita e di come credevi funzionasse il mondo.

In un certo senso ce l'hai con loro perchè hai compreso che hanno contribuito a creare le condizzioni che sono diventate i tuoi limiti ad essere te stesso.


Solo che a 'sto giro l"opinione comune" è la tua.

Sono i limiti in cui ti sei ritrovato, sono quelli che hanno messo loro.

Ma ora sai anche che tu hai dato il consenso affinchè tali condizioni ti limitassero.

Abbiamo accettato modi e tempi della scuola perchè credevamo fosse "normale", obbligatorio ed inevitabile nei modi e nei tempi, abbiamo accettato di impostare la nostra vita sui modi e sui tempi della scuola e del lavoro. Modi e tempi, abbiamo capito, decisi e pianificati fin nei dettagli da qualcun'altro con interessi diversi dai nostri, che non ci conosce nemmeno e a cui abbiamo dato ascolto e consenso, a volte anche sostegno a farlo.


Per tutti noi che abbiamo compreso il meccanismo del "consenso informato", del fatto giuridico imprescindibile che nessuno può sottomettere altri alla propria volontà nè con la forza fisica nè con quella giuridica.

Quindi, l'unica possibilità è quella di "convincere" in modo che ciascuno possa esprimere formalmente il proprio consenso a sottostare alla volontà di altri, quelli che ti fanno firmare per ottenerlo: dal certificato di nascita all'iscrizione all'INPS, dal battesimo al matrimonio, dai contratti ai consensi informati per la privacy e per i trattamenti sanitari, dal fare una donazione al pagare le tasse, dal fare la tessera al supermercato al ricevere una raccomandata ... è tutto un sottoscrivere il consenso. Primo fra tutti quello che si esprime andando a votare, o meglio, possedendo una tessera elettorale. Perchè il sistema non è fatto per poterlo eludere una volta che "sei dentro", il sistema non ti dice "quando sei entrato" e "cosa ti contraddistingue come parte consenziente del sistema". In breve una volta che sei entrato a far parte del sistema non puoi sottrarti all'uso che loro vorranno fare del tuo "non voto" ma di sicuro farai parte di ciò che conviene a loro. Il sistema elettorale è l'esempio di come non ci si possa sottrarre ai loro giochi, quelli fatti con le leggi e i numeri: se voti gli stai dando il consenso, se non voti fai parte dell'astensionismo quindi non sposti nulla, se restituisci la tessera sei comunque conteggiato fra gli aventi diritto al voto, se scrivi le parolacce sulla scheda si annulla e, di nuovo, non sposti una virgola.


Applicando questo funzionamento come metafora è la descrizione di come funziona il sistema fiscale, quello professionale, quello sanitario, quello dell'istruzione ....

Qualsiasi cosa tu faccia il sistema ti obbliga a farlo come dice lui.

E lo fa con il tuo consenso.


Si può uscire da questa Matrix di imposizioni e consensi?

Da questa condizione in cui siamo costretti a segmentare le nostre vite, a spezzettare noi stessi sentendo di dover dare priorità al lavoro invece che a nois tessi?

Quando abbiamo accettato di vivere il ritmo deciso da altri?

Dove ho firmato per accettare di far parte di un sistema che funziona ricattandomi: "se non mi paghi per ogni cosa che fai non ti permetterò di fare più niente" o , più sinteticamente, "per poter vivere devi pagarmi in denaro"?


Perchè a fronte di un, ormai romantico, "il Parlamento agisce per il bene supremo del Popolo" quello che ciascuno vive quotidianamente è sintetizzabile in "come mi difendo dallo stato, dalle banche? Come proteggo i miei beni dall'aggressione dello stato?"


A fronte di questa realtà di fatto, sottrarsi alla capillarità con cui lo stato condiziona le nostre vite ha a che vedere prima con noi stessi poi "con lo stato".

"Ci sono tanti modi per fare ciò che tutti fanno nello stesso modo", da centinaia di anni e ovunque: vivere.

Mettere l'esperienza della propria vita davanti a tutto il resto.

Esperire la propria vita significa viverla scegliendo cosa vivere, come vivere, perchè vivere.


In questo momento chi può scegliere di essere ciò che è invece di un'etichetta? Chi può scegliere liberamente, senza condizioni, a cosa dare valore, a cosa dedicare il proprio tempo e la propria energia? Chi può stare sereno "perchè nessuno gli porterà via niente, nè mobili, nè immobili, nè conti correnti e nemmeno figli?

Chi può vivere in pace sentendo di essere libero di disporre del proprio tempo?


Più "dipendenze" dallo stato hai, meno puoi disporre del tuo tempo: sistema scolastico, sistema bancario, sistema lavorativo, sistema dell'intrattenimento, sistema tecnologico, sistema alimentare, sistema sanitario, sistema dei media ...


Viviamo , in un momento storico in cui sempre più persone stanno incontrando occasioni e fatti, nonchè parole, che mettono in discussione abitudini, credenze, modelli di vita, stili con cui condurre la propria esistenza, valori, esperienze...

Chi ha sentito il "paradosso" dentro di sè si è messo in ascolto di ciò che credeva essere vero, ha cominciato a riconoscere abitudini che potevano essere cambiate per difendere ciò che sentiva far parte della sfera della propria libertà intoccabile.


E molti, chi più chi meno, hanno cominciato a senitre il desiderio, e la necessità, di cambiare.

Di cambiare direzione, di cambiare il modo in cui ci si fidava degli altri e di se stessi, di cambiare il modo di reperire le risorse per vivere, cambiare il modo di vivere.


C'è chi si sta organizzando per raggiungere buoni livelli di autonomia nel vivere (meno dipendenza da ciò che il denaro può comprare, meno tasse da pagare, meno spostamenti in auto da fare, meno vincoli professionali e lavorativi ... meno tempo da dover per forza dedicare alle questioni amministrative/burocratiche/fiscali ) e chi si sta occupando di garantirsi la specifica indipendenza economica, chi sta cercando di capire come fare e chi "non so da dove partire ma voglio cambiare".


E c'è chi, in vari modi e con vari stili, documenti e idee giuridiche sta cercando di farlo capire allo stato.

Di fargli capire che non ci sta più, che non vuole essere contegiato fra i cittadini di uno stato commerciale, che vuole gridare "non nel mio nome" ....


Ma qualcuno c'è riuscito?

Nei prossimi giorni una sintesi della situazione.

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