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La Persona Fisica, un <Codice da incorporare>


La cosiddetta persona fisica non è quindi l'uomo, bensì l'unità personificata delle norme giuridiche che attribuiscono diritti e doveri al medesimo uomo. Non è una realtà naturale, bensì una costruzione giuridica creata dalla scienza del diritto.

Hans KELSEN, Reine Rechislebre, Wien, Franz. Deuticke, 1960; tr. di Mario G. Losano. Torino. Einaudi. 1966. p. 198.


In parole povere è l’artifizio con il quale il sistema giuridico, quello civico, fiscale etc etc ti identifica per "aprire e chiudere dei procedimenti".


E gli esseri umani trasferiscono la capacità giuridica a queste finzioni. Di fatto accade una RIDUZIONE GIURIDICA dell'Essere Umano, una vera e propria DEGRADAZIONE giuridica di ciascuno.


Volendo fare una metafora le finzioni giuridiche non sono altro che maschere indossate dai viventi umani. La maschera più comune e generalmente conosciuta è quella della “persona fisica”. Tant’è, che l’etimologia del termine “persona” deriva dalle maschere di legno dei teatri dell’antica Grecia e dell’Italia costruite appositamente per risuonare meglio affinché gli attori potessero essere uditi anche a distanza. In latino “per-sonàr” significa “risuonare a traverso”. Quindi il termine “persona”, diversamente da come siamo abituati a credere, non è sinonimo di vivente umano. Significa semplicemente “maschera” e le finzioni giuridiche non sono altro che entità fittizie, morte. Proprio come le maschere che prendono vita dagli umani che le indossano.


Il vero disponente giuridico è l'Essere Umano ma dalla nascita "gli hanno fatto incorporare il codice".


Il modo "grafico" in cui il nome e cognome sono riportati hanno un peso specifico, è il retaggio giuridico di epoca romana conosciuto come “deminutio capitis”. Una locuzione latina che significa: diminuzione dei diritti.

Secondo il diritto dell’Antica Roma, la deminutio capitis, si riferisce a un mutamento del precedente “status” della persona. Quello che noi oggi chiamiamo Stato Civile.

Nel diritto dell’Antica Roma esistevano tre mutazioni della deminutio capitis: la massima, la media e la minima.

Nella massima l’individuo perdeva sia la cittadinanza che la libertà.

Nella media perdeva solo la cittadinanza, ma conservava la libertà.

Nella minima l’individuo subiva solo un mutamento di stato mantenendo la cittadinanza e la libertà, come nei casi di adozione.


Similarmente al passato, a seconda di come viene iscritto il nome personale negli atti pubblici, si identifica la qualità della finzione giuridica e quindi la qualità dello Stato civile del vivente che la indossa. Tutto parte dall’atto di nascita quando il neonato viene iscritto all’anagrafe. Infatti, se si osservasse attentamente la carta d’identità, cartacea o plastica che sia, si ritroverebbe la dicitura: estremi atto di nascita. A seguire c’è un numero e altre indicazioni che rimandano all’atto di nascita che i nostri genitori hanno sottoscritto a suo tempo all’anagrafe. Da questo atto pubblico partono successivamente tutte le ulteriori finzioni giuridiche attribuite all’individuo che vanno a inquadrare la “persona fisica” come, per esempio, il codice fiscale.


Per il sistema giuridico italiano, secondo l’articolo 6 del libro primo del Codice civile, per “nome” s’intende il binomio: prenome e cognome. Analizzando gli atti di nascita la prima cosa che risalta subito agli occhi è l’inversione fra il cognome e il prenome e il modo in cui sono scritti.


Notare, prima il prenome poi il cognome.

Negli atti di nascita si nota un'inversione, nelle anagrafi è sempre espresso prima il cognome e poi il prenome.

E anche qui ci sarebbe da approfondire.


Tornando alla Persona FISICA, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 menziona espressamente la “persona umana”.

La stessa Costituzione italiana menziona espressamente la “persona umana”.

In entrambi i casi non viene mai menzionata la “persona fisica”.

Sempre in entrambi i casi, viene menzionata la personalità della persona umana. Tant’è che l’articolo 6 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani afferma esplicitamente: "Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica". E l’articolo 10 della Costituzione italiana nel primo comma dichiara espressamente che "l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute".


La “persona fisica” è una finzione giuridica con un carattere prettamente mercantile.

Mentre la “persona umana” è una finzione giuridica con un carattere universale e prossimo alla condizione naturale umana.

A questo bisogna aggiungere che la “persona fisica”, nella giurisdizione domestica, non possiede “personalità giuridica”, la personalità giuridica è attribuita al SOGGETTO GIURIDICO.


Riassumendo il discorso, il principio di base è uno: al neonato, attraverso il “trust” dell’atto di nascita, viene dato il ruolo di cittadino.

Questo perché nella struttura sociale, burocratica e amministrativa si può muovere soltanto la finzione giuridica.


Cito il professor Antonio Papisca dell’università di Padova che nel suo noto articolo “Nessuno è sconosciuto” spiegava come i diritti umani hanno elevato l’individuo vivente a soggetto in diritto internazionale. Sottraendolo dalla consuetudine degli Stati di ritenerlo oggetto di diritto.

Inoltre, il professore, ci ricordava anche che l’essente umano, essendo pre-giuridico e pre-statale è super-costituzionale per sua intrinseca natura. Quindi gerarchicamente al di sopra degli ordinamenti giuridici degli Stati stessi. Per il semplice fatto che senza la materia umana il diritto non esisterebbe.


Quanto affermato dal Professor Papisca è comprensibile da un punto di vista teorico, ma da un punto di vista pratico occorrerebbe che l’individuo venisse riconosciuto dal diritto internazionale come un’entità extraterritoriale.

Quindi, indipendente dal sistema giuridico domestico di qualsiasi Stato.














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