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Il principio di Dignità Umana

Principio di Dignità della Persona Umana

LA DIGNITÀ DELL’UOMO QUALE PRINCIPIO COSTITUZIONALE1 http://www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/STU_196_La_dignita.pdf

Manca a fortiori in Italia un quadro normativo circoscritto in cui in cui disegnare i contorni della dignità umana.

Sull’esempio di quanto constatabile all’interno della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, adottata a Nizza nel 2000, la quale dedica il primo dei sei capi in cui è articolata proprio alla dignità. In questo capo, una volta affermato solennemente che «la dignità umana è inviolabile», e che essa deve quindi «essere rispettata e tutelata» (art. 1), si declinano (alcune de) le principali estrinsecazioni della tutela della persona in quanto tale, e segnatamente il diritto alla vita (con il corollario del divieto della pena di morte: art. 2), il diritto all’integrità fisica e psichica (con quanto da esso discende in termini di limiti all’attività medica e biologica: art. 3), la proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (art. 4) ed infine la proibizione della schiavitù, del lavoro forzato e della tratta degli esseri umani (art. 5).

Il Costituente italiano (con l’ausilio dell’attualizzazione di esso proposta dalle istanze giurisdizionali) ha fornito ampie garanzie in ordine a quei diritti che nell’ordinamento comunitario si collocano nell’orbita della dignità.

Se così è, evidentemente il concetto di dignità, pur non espressamente menzionato (salvo quanto si dirà tra breve), deve comunque intendersi come presente nel tessuto costituzionale.

Ci sono almeno due diverse prospettive nelle quali la dignità si manifesta in forma lato sensu giuridica:

In una prospettiva che potremmo definire soggettivistica, la dignità coincide sostanzialmente con l’attributo primo ed irrinunciabile della «persona».

Così intesa, la dignità umana è un concetto che discende da – ma che in buona parte riassume – quel principio personalista che informa il nostro ordinamento. La dignità della persona umana, allora, significa che la persona umana merita assoluto rispetto di per sé. In termini filosofici, può dirsi che la dignità dell’essere umano è un principio etico, per il quale la persona umana non deve mai essere trattata solo come un mezzo, ma sempre come un fine in sé: «gli esseri razionali stanno tutti sotto la legge secondo cui ognuno di essi deve trattare se stesso e ogni altro mai semplicemente come mezzo, bensì sempre insieme come fine in sé» (Kant).

L’essere umano è, dunque, degno perché è fine in se stesso, con il conseguente divieto assoluto di ogni sua strumentalizzazione.

In quanto principio fondamentalmente etico, la dignità si configura essenzialmente come un presupposto del riconoscimento del valore della persona in quanto tale. Altrimenti detto, la dignità umana, più che apprezzarsi in termini di diritto positivo, assume i connotati di un valore cui è improntato uno dei principi fondativi del patto costituzionale, quale è appunto il principio personalista.

La dignità come valore trova così la propria implicita affermazione nel riconoscimento del principio contenuto nell’art. 2 della nostra Costituzione, là dove si stabilisce che «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità».

La dimensione «sociale» della dignità trova, contrariamente a quella eminentemente soggettiva, un ampio ed esplicito riconoscimento all’interno della Costituzione. In particolare, nel primo comma dell’art. 3, si parla di «pari dignità sociale», in collegamento al principio di eguaglianza formale. Un siffatto richiamo è stato letto come la proiezione del valore paritario della dignità umana su tutti i rapporti riferibili ai cittadini. Con il che il concetto di dignità deve essere letto, non soltanto in chiave di eguaglianza formale (evocata dall’aggettivo «pari»), ma anche in chiave di eguaglianza sostanziale, nel senso che l’affermazione in ambito sociale della dignità umana implica che i pubblici poteri si adoperino per garantire il pieno rispetto ed il pieno sviluppo della persona, proprio in quanto portatrice di dignità.

SENTENZE SUL PRINCIPIO DI DIGNITA’ UMANA http://www.forumcostituzionale.it/wordpress/images/stories/pdf/documenti_forum/paper/0141_monaco.pdf

Nella sentenza n. 218 del 1994, la Corte afferma che va salvaguardata in ogni caso la dignità della persona, che comprende anche il diritto alla riservatezza sul proprio stato di salute ed al mantenimento della vita lavorativa e di relazione compatibile con tale stato. Al riguardo, l’art. 32 della Costituzione prevede un contemperamento del coesistente diritto alla salute di ciascun individuo;

Sentenza 14 ottobre 2004, causa C-36/02, Omega. La dignità umana vista dal Lussemburgo, in Quad. Cost., 2005, 174 ss. In una successiva e altrettanto nota pronuncia (rif. sopra), in materia di circolazione di servizi, la Corte di Lussemburgo, anziché fare riferimento ad un “diritto alla dignità”, quale figura soggettiva autonoma, ha preferito fare ricorso al rispetto della dignità quale “principio generale del diritto”, che l’ordinamento giuridico comunitario è senza dubbio tenuto ad assicurare. In sostanza si riconosce che il rispetto della dignità rientra tra i principi generali del diritto che il diritto comunitario deve garantire, ma al tempo stesso si rinuncia a ricostruire un concetto di dignità che possa andar bene in tutti gli Stati membri, rifacendosi, dunque, al livello di tutela della dignità che il singolo Stato intende assicurare. [E in Italia tale principio di dignità sta alla base della costituzione come da riferimenti più sopra]

Sentenza concernente la direttiva del Consiglio e del Parlamento 6/7/1998, 98/44/CE,

In questa circostanza la Corte ha dunque valutato la legittimità di una direttiva comunitaria anche alla luce del rispetto dovuto alla dignità umana, intesa come diritto fondamentale.


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