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La Relazione con un Essere Umano chiamato Figlio

Questo testo ha il desiderio di esprimersi come un riflessario sul rapporto tra i genitori e i figli, particolarmente quando questi sono nell’infanzia. Un riflessario è una sorta di ricettario di libere riflessioni, ma anche un diario di riflessioni in trasformazione. Quel che sia, ho scelto di darmi la libertà di scrivere un testo attraverso l’onda del sentimento e dell’intuizione, più che su quella della ragione che argomenta e dimostra. Ecco così che qui trovano posto anche pensieri in versi, sorta di poesiole pedagogiche, che mi aiutano a dire (e comunicare, spero) in poche parole, ciò che faticherei a trasmettere diversamente.

Magari, tra una riflessione e l’altra, può essersi appoggiato qualche suggerimento rivolto agli adulti che si interrogano sulla loro vita e sui loro figli, e che vogliono costruire un modo sempre più bello e sempre più sano di essere genitori.

Ma è bene sapere che quando parlo di suggerimenti intendo qualcosa di ben diverso dai consigli: dare un consiglio, per me, significa imporre all’altro il nostro punto di vista; suggerire, invece, è offrire il nostro punto di vista. Tra l’imporre e l’offrire, vi è lo stesso abisso che separa lo schiaffo dalla carezza.

Nessuno ci insegna ad essere genitori

Nessuno ci insegna ad essere genitori e nessuno ce lo insegnerà. Questa è, secondo me, una cosa molto buona e sana. Al contrario avremmo un mondo popolato da esseri simili nel corpo e, forse, identici nell’animo, indottrinati ad identici stili di vita, da genitori altrettanto identici.

Probabilmente tutta questa diversità, favorisce anche la trasformazione dell’uomo, nel suo crescere culturale, nello sviluppo della sua civiltà. E’ qualcosa di simile alla selezione naturale (qui selezione culturale), che porta alcuni a sopravvivere mentre altri si estinguono (per esempio aumentando sempre di più la scolarità delle persone, la classe meno scolarizzata andrà nel tempo scomparendo, attraverso la selezione culturale, appunto). La differenza con la selezione naturale è che questa è conflittuale (se vivo io, muori tu), mentre quella culturale consente una crescita di tutti (solo insieme possiamo diventare più civilizzati, pacifici, cooperativi).

Ogni genitore trova il suo modo unico di essere tale, quanto più trova una fondamentale sicurezza dentro di sé ed un fondamentale ottimismo, anche sapendo chiedere aiuto quando mancano le forze personali.

Riconoscere le debolezze

Riconoscere le proprie debolezze aiuta a non insegnarle ai propri figli e permette di modificarle un po’, magari sciogliendole, come fossero stati semplici nodi.

Le debolezze sono tante e ne siamo circondati ogni giorno: l’irritabilità durante il lavoro, la tendenza ad essere duri con gli altri, le piccole invidie che ci impediscono di ammirare le qualità degli altri (e magari “impararle” un po’ anche noi), la gelosia, il desiderio di essere ammirati a costo di mostrarci diversi da come siamo, l’incapacità a chiedere aiuto per ciò che chiamiamo orgoglio (la paura di fidarsi), e molte altre che punteggiano la nostra vita quotidiana.

Riconoscere i limiti e le debolezze non significa analizzarsi o andare da uno psicologo, ma anzitutto imparare ad accettare le parti di noi che ci piacciono meno o che proprio non ci piacciono. E’ l’unico vero modo, quello che si esprime anche dentro la psicologia e in ogni contesto dove si favorisce il cambiamento, che permette alle parti meno cresciute di noi di cambiare, crescendo. Finché non le lasciamo esprimere, rifiutandole (reprimendole, rimuovendole), esse continuano ad agire dentro di noi in un modo: più infantile (meno cresciuto) e più dispendioso (dal punto di vista dell’energia richiesta, quindi della fatica mentale e fisica). I frutti di questa dinamica che avviene nella nostra mente e nel nostro corpo sono molteplici: dalla continua stanchezza, alla noia; dalla tristezza cronica, all’irritabilità; dal pessimismo, alla malattia psicosomatica.

Come ogni giorno ci dedichiamo al nostro corpo, ripulendolo della sporcizia e delle fatiche quotidiane, così dovremmo ben fare per la salute della nostra mente: quanta sporcizia emotiva ci troviamo dentro, al termine di ogni giorno; timori per qualche evento insolito, piccole arrabbiature rimaste sul gozzo, tensioni muscolari dovute allo stress, una mente affollata di pensieri su ciò che abbiamo fatto e su ciò che dovremo fare. Se ogni tanto non recuperiamo un po’ di silenzio e di pace, diventa difficile essere disponibili, capaci di ascolto, positivi. E senza queste qualità, almeno in piccola parte, non si può educare alla disponibilità, all’ascolto, al positivo.

Dentro il cambiamento

Nella realtà non esiste un modo unico di essere genitori, un modo giusto, un modo che ci faccia sentire a posto, una volta per sempre. Sarebbe rassicurante pensarla così, ci illuderebbe che esiste un buono ed un cattivo, un giusto e uno sbagliato, un assoluto, quindi, che ci permetta di sentire la sicurezza di qualcosa che E’ e non potrebbe NON ESSERE. Forse questo esiste, e io credo di sì, ma non dentro questa realtà: la realtà dove gli esseri umani mettono in scena le loro commedie e i loro drammi, in infinite e complesse combinazioni.

Gli assoluti non esistono nel mondo umano, perché questo è in continua trasformazione. Ecco una cosa che spaventa molti di noi, in buona parte della nostra esperienza. Il cambiamento continuo, il flusso delle cose che accadono, dei pensieri, delle immaginazioni, delle emozioni… Così, invece di accogliere il cambiamento come qualcosa di assolutamente naturale, tendiamo spesso a ritrarci, intimoriti, come se “cambiare” significasse necessariamente incontrare il dolore, un dolore che generalmente ricorda dolori passati, che non abbiamo lasciato andare (o elaborato, come dicono gli psicologi).

Cambiamento significa anzitutto trasformazione del corpo: il nostro corpo e il corpo di nostro figlio. Un corpo che segna il passo del tempo, ricordandoci che noi tendiamo verso una meta più alta. Lo spermatozoo e l’ovaia, insieme, tendono verso l’embrione, che tende verso il feto, che tende verso il neonato, che tende verso il fanciullo, che tende verso il ragazzo, che tende verso l’adolescente, che tende verso l’adulto, che tende verso l’anziano, che tende verso la trasformazione nella morte.

Cambiamento è poi anche emergere del nuovo: nuove qualità, nuove capacità, nuovi apprendimenti, un nuovo modo di sentire, di pensare, di stare assieme.

Imparare ad osservare

Osservando i cambiamenti nostri e di nostro figlio, ci permettiamo di imparare lo sviluppo delle cose, nel tempo, riconciliandoci con il piacere di essere in un flusso di esperienza pieno di senso, dove ogni cosa che ci accade è importante, è significativa, è sana. E’ importante chiarire però che osservare profondamente significa anzitutto astenersi dal giudicare. Per osservare la realtà così com’è, dobbiamo scegliere di sospendere le nostre idee su ciò che stiamo osservando, quelle idee che si manifestano sotto forma di aspettative, di desideri, di volontà. Quando riusciamo a fare ciò, ci accorgiamo che la realtà acquista una dimensione nuova, è più ricca e profonda, e impariamo a rispettarla profondamente, come una cosa sacra. Rispettandola, smettiamo di imporle la nostra volontà, i nostri desideri, le nostre aspettative e impariamo a lasciarla esprimere nel modo a lei più naturale, più consono, più autentico. Ecco che il desiderio che

nostro figlio sia più intelligente, più bello, più capace, ci porta a distorcere la sua percezione, facendocelo apparire diverso da quello che è, manchevole di qualcosa che noi crediamo sia per lui importante, quando invece è per noi che quella cosa è importante e noi la desideriamo attraverso nostro figlio.

Riconoscere, anche se faticosamente, questa piccola realtà (che ciascuno può meditare silenziosamente, a suo agio dentro di sé) ci porta velocemente verso la comprensione di come ogni genitore influenzi i propri figli semplicemente con i propri desideri: qualcosa di invisibile agli occhi e che perciò crediamo non abbia influenza sugli altri. Invece i desideri, così come le emozioni vengono comunicate agli altri in modo sottile attraverso gli effetti fisici (quantici) dei campi magnetici dei corpi umani e le microespressioni non verbali. In psicologia lo studiatissimo effetto pigmalione dimostra che se un insegnante ha un’idea positiva dell’alunno Marco, tenderà non solo a dargli voti più alti di altri compagni a parità di qualità, ma anche a rivolgersi a lui di più e con toni più positivi e motivanti, facendolo sentire più riconosciuto e più amato: in una sola parola a educarlo di più.

Questo ci porta a riflettere su come le nostre aspettative di genitori condizionino sottilmente e in maniera determinante il sano e armonico sviluppo di nostro figlio.

Le nostre paure diventeranno le paure di nostro figlio,

Da solo, poi, saprà crescere dentro di sé degli strumenti che gli permetteranno di superare le paure e i limiti, per esprimere ciò che è la sua propria natura, i suoi propri talenti, le sue proprie caratteristiche.

L’obiettivo della crescita non è quello di superare i propri limiti e diventare un ideale che non esiste. Molto più semplicemente possiamo pensare al crescere come all’esprimersi della natura che c’è in noi. Ogni seme ha in sé una legge naturale e un’energia che gli permette di diventare ciò che è: un fiore, un animale, un uomo. Così ogni bambino che nasce viene da un seme diverso ed unico, che cercherà poi di assecondare la propria crescita dentro un mondo che cerca di farlo essere diverso da ciò che è: più intelligente, più bello, più ginnico, più veloce, più ligio, più efficiente, più… diverso.

Andare a cercare l’intimità

L’intimità è una qualità delle relazioni umane. E’ l’espressione della profondità del contatto tra le persone, a tanti livelli: fisico, affettivo, spirituale. La relazione con il proprio figlio è fisicamente estremamente intima, particolarmente per la madre, che lo porta dentro il proprio corpo per molti mesi e poi lo nutre, lo abbraccia, lo coccola. Diversamente l’intimità emotiva è qualcosa che si costruisce man mano che il bambino cresce, nelle sue emozioni, nelle sue immaginazioni, nei suoi pensieri, nelle sue parole. L’intimità con le persone che si prendono cura di lui, se rispetta i passi della sua crescita, lo accompagna nello sviluppo, nutrendolo degli alimenti emotivi, linguistici, cognitivi, ecc.

Per costruire l’intimità anzitutto è importante osservare, portare l’attenzione verso quello che il bambino fa, i suoi sorrisi, i suoi pianti, il modo di camminare. Costruire così un’intimità dell’occhio che guarda il corpo, i gesti, le smorfie, così da familiarizzare sempre più con la realtà dei cambiamenti e della crescita. E’ facile capire che chi è più sensibile, si accorge anche dei piccoli cambiamenti e questi diventano fonte di gratificazione, di soddisfazione genitoriale e alimentano la gioia e la fiducia.

Poi è altrettanto fondamentale la capacità ascoltare: porgere orecchio, con la curiosità di capire cosa l’altro mi dice e come me lo dice, senza la fretta di rispondere, magari liberandosi dall’ansia di dover dare una risposta.

Si diviene intimi, ci si conosce, anche attraverso il fare insieme, che sia il cucinare, lo sparecchiare la tavola, il giocare, il passeggiare, il fare un disegno. Fare insieme significa che io e te abbiamo una cosa che ci accomuna, facendoci sentire vicini.

L’intimità si costruisce anche con

Imparare significa anzitutto fidarsi

Un bambino non impara perché ha dei genitori che gli insegnano qualcosa. Il bambino impara perché:

  • è curioso;

  • è amato (accettato per quello che è);

  • è libero (di esprimersi per ciò che è);

  • è in relazione con le persone e con le cose che lo circondano.

Noi permettiamo a nostro figlio di imparare, quando ci fidiamo della sua capacità di imparare. Ecco una grande qualità, che ci regala serenità verso la sua crescita e così ci permette di avere più energia per le cose belle: stare insieme, divertirsi, parlare un po’, leggere una storia, fare una gita, cucinare insieme, ridere delle cose buffe, giocare a sparecchiare la tavola.

Nostro figlio impara e noi possiamo imparare osservando nostro figlio che impara.

L’obiettivo quotidiano di ogni relazione tra genitori e figli, dovrebbe essere la ricerca di un benessere nello stare insieme. Quando si sta bene insieme, lo sappiamo bene, abbiamo più energia, motivazione, capacità di imparare, gioia di esistere.

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